Dopo la distruzone del nuovo Oppido nacque, su un’alta e amena collina, contemporaneamente ad altri insediamenti, la Terra di Pietra Borraea, costituita da un castello con relativo casale della chiesa di Santa Maria ad Nives, sotto la giurisdizione dei Balbano, feudatari di Caposele.
La chiesa di Santa Maria di Boiaro, caduta in rovina, fu restaurata da fra Francescantonio Masucci, gentiluomodi Volturara divenuto eremita.
Il beato, ai tempi della peste del 1656, aveva assunto impegno di governare gli appestati ma fu poi egli stesso contagiato.
Nella cupoladi quella chiesa maggioresi seppellirono ben 2.500 anime: solo 500 saranno gli abitanti che scaperanno al flagello.
Poco distante dal borgo, sopra un pietrone che si stacca isolato dalle colline, si emerge un’antica cappella dedicata a San Vito, martire sepolto nella villa Mariannaa poca distanza dal Silaro.
Per accedere all’eremo bisogna risalire i disordinati scalini intagliatinella stessa roccia. Alla sommita della scalinata, un arco spiana la via alla chiesetta.
Lo stamma che porta in centro, raffigurante il blasone del feudatario del 1700, il principe Inigo Rota, ha la particolarità di essere stato volutamente incastrato capovolto. Fu lo stesso principe, i ruderi del cui castello sono poco lontani, a farlo apporre in quel modo, allorquando, persa l’autorità su quelle terre, si trasferì a Napoli donando i suoi beni al clero.
Nel giorno dedicato a San Vito accorrono su questa rupe centinaia di cittadini provenienti da Caposele e dai paesi limitrofi per invocare l’intercessione del santo affinché li tuteli dai morsi dei cani rabbiosi tenendoli a difesa del pericolo.
I festeggiamenti in onore di San Vito avvengo il 15 Giugno con un’intera giornata trascorsa presso la Chiesetta tra funzioni religiose e a seguire galli e canti popolari.