La lavorazione avviene a mano; la forma viene data con una specifica pressione esercitata dalle dita e dal palmo della mano, che modellano un unico filamento chiuso che man mano si assottiglia ed allunga, viene raccolto in cerchi concentrici e quindi ripiegato più volte, fino a formare appunto una matassa. Durante la lavorazione il filamento viene passato in farina di granturco, per evitare che attacchi alle superfici e su se stesso; alla fine viene lievemente schiacciato con le dita e cotto intero in acqua bollente. Durante la cottura i filamenti si rompono in lunghezze diverse.
Nella tradizione locale luglio è nominato il “mese matassaro” presumibilmente perché in luglio c’era maggiore disponibilità sia di farina nuova, sia di ceci che venivano adoperati per condire le “matasse”. Il piatto matasse e ceci è da sempre nei men§ della ristorazione locale, con particolare diffusione nei ristoranti presenti nei pressi del Santuario di Materdomini, dove viene prodotto e consumato per tradizione dai pellegrini. La peculiare modalità di produzione ricorda quella degli struffoli natalizi; la realizzazione di filamenti il più possibile lunghi e continui è connessa a riti propiziatori ancestrali.*
Da Luglio 2011 le matasse sono inserite nell’elenco nazionale dei *PRODOTTI AGROALIMENTARI TRADIZIONALI
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